Forse non tutti sanno che S. Rosa si meravigliava spesso della sua missione e ripeteva alle sue prime compagne: «È una grazia speciale che noi “donnicciole ignoranti” abbiamo la fortuna di illuminare, nella tenera età, le anime delle bambine, imprimendo in esse l’amore di Dio e il desiderio delle cose eterne». Ed effettivamente, quando nacque, tutti si sarebbero aspettati da lei due cose: o che finisse sposa di un giovane di buona famiglia o che, come la zia, scegliesse la vita claustrale in un qualche monastero della Tuscia. Invece il Signore aveva in mente tutt’altro: Rosa, infatti, appartiene a quel gruppo di donne che, a partire dal XVI secolo, iniziò a creare, nella Chiesa e nella Società dell’epoca, una terza via: né spose, né monache, ma laiche che operavano nel mondo vivendo i tre consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza. Una novità, inizialmente guardata con sospetto, che sarà definitivamente accettata dalla Chiesa soltanto nel XIX secolo e che porterà al riconoscimento delle congregazioni di vita attiva: ossia delle suore che vediamo oggi condividere la vita con tutti, andare in missione e fare apostolato.
Ringraziamo con gioia il Signore che ha voluto la nostra Fondatrice strumento di novità, donandole un carisma che, dopo più di tre secoli, conserva ancora intatta la sua freschezza: “Educare per liberare”.