«Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc 18, 8)
Arriviamo anche quest’anno a Natale col fiato corto. Il fiato corto è fiato di fatica, di corse stressanti alla ricerca dei doni, degli addobbi, degli abiti di festa, degli inviti da fare, accettare, giustificare, rifiutare… Il fiato corto è fiato di oppressione, dell’insostenibile dolore che sbriciola i nostri paesi, insanguina le città, seppellisce sotto le bombe, mai intelligenti, nei reparti pediatrici i bambini e i loro soccorritori, trascina nel fondo del mare chi fugge dagli orrori…. Non è di questo che abbiamo bisogno! Sentiamo invece la necessità di giungere sulla soglia di questo natale col fiato sospeso. Il fiato sospeso è fiato di contemplazione, di occhi sgranati, di silenzio perché, neppure un fruscio, possa rovinare l’incanto del tempo in cui cielo e terra si toccano, quando Dio sceglie di abitare un cuore di carne per abbracciare e sconfiggere l’amarezza di ogni solitudine umana. La contemplazione di questo Dio Bambino, indifeso, apre gli occhi alla fede che ci fa gustare la compassione divina di cui siamo oggetto e spinge i nostri cuori a condividerla con tutti. Rimaniamo col fiato sospeso, avvolti da una piccolezza che ci spiazza e ci apre al dono della fede in Dio che non ci rende invincibili ma, al contrario, vulnerabili, come Lui, Bimbo nella mangiatoia. Vulnerabili nei confronti di Dio, perché la fede ci apre a Lui, ci libera dal «no», dal rifiuto; ci consente di pronunciare un «sì», di ascolto, di fiducia, di solidarietà. “La fede ci rende vulnerabili nei confronti di Dio, ma anche nei confronti del prossimo, che diventa importante per noi, la cosa più importante dopo Dio, e come Lui, oggetto del nostro amore. …..” Hetty Hillesum così, in modo semplice spiega la fede che sgorga dal presepe e si fa preghiera “Amo così tanto gli altri perché amo in ognuno un pezzetto di te, mio Dio. Ti cerco in tutti gli uomini, e spesso trovo in loro qualcosa di te. E cerco di disseppellirti dal loro cuore, mio Dio”.
«Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?»
Gesù, quando pone la domanda, sicuramente pensa a quel tipo di fede che spinge a decentrarsi: non più centrati su noi stessi, ma in Gesù per fede, nel prossimo per amore.
Ad ogni natale, Dio torna a cercare la fede, mendica l’ospitalità nel nostro cuore.
La domanda se “il Figlio dell’uomo, tornando, troverà la fede sulla terra”, equivale alla domanda se “troverà qualcuno disposto ad accoglierlo, ad aprirgli la porta”.
Credere non è altro che questo: aprire la porta e lasciar entrare Dio. L’amore con cui inonderà i nostri giorni, sarà immenso e ci permetterà di vivere in pienezza il nostro difficile tempo, in una fraternità universale ritrovata, benedetta dalla reciproca generosità.
Andiamo incontro al 2017 con lo stupore dei bambini, il coraggio degli esploratori, la felicità degli innamorati, lo slancio dei profeti, la pazienza dei contadini, il sogno dei poeti, l’amore incredibile che Dio ha seminato nei nostri cuori. Vivremo nella pace perché la sapremo coltivare nel cuore, nella mente, nella coscienza.
Buon Natale, sereno Anno Nuovo a tutti!